Nicola Toffolatti ci scrive da Washington D.C., Stati Uniti.
Di dove sei originario in Italia?
Sono cresciuto a Conegliano, in provincia di Treviso, ho studiato a Trieste e poi per lavoro mi sono trasferito a Milano.
Cosa facevi lavorativamente parlando prima di partire per gli Stati Uniti?
Ho iniziato a lavorare nell’area finanza e controllo di gestione di una multinazionale italiana. Lavorare in un’azienda con una forte vocazione internazionale è stato sicuramente determinante per lo sviluppo che la mia carriera ha poi avuto.
Cosa ti ha portato Oltreoceano?
Mi è stata offerta l’opportunità di trasferirmi presso la filiale Americana dell’azienda per cui lavoravo, con l’idea di trascorrere due o tre anni come “expatriate” e poi tornare in Italia.
Nel momento in cui potevamo decider se rientrare le cose sono però andate un po’ diversamente. Nostro figlio era “in arrivo”, pensare di farlo crescere bilingue e di esporlo ad una cultura così diversa, almeno per qualche anno, ci sembrò un’opportunità da non perdere. Inoltre, avevo anche deciso di frequentare un “master of business administration” alla Columbia University.
Quali sono state la maggiori difficoltà che hai incontrato negli Stati Uniti?
La cultura Americana è profondamente diversa da quella Italiana e direi anche da quella Europea. Da lontano ne siamo tutti inevitabilmente esposti, e forse questo ci porta a sottostimarne le profonde differenze. Inoltre, Washington D.C. è solo una delle molte facce degli Stati Uniti, una città molto internazionale e che quindi rende l’integrazione più agevole. Dopo l’iniziale periodo di “honeymoon”, in cui probabilmente si vive un po’ da turisti privilegiati, prevale l’esigenza di creare dei rapporti sociali più profondi e duraturi. E’ stato facile conoscere molti “expatriate” come noi; gli Americani sono invece in media più chiusi e rispettosi della privacy, e questo rende i contatti, almeno inizialmente, più formali e, ad esempio, spesso basati su incontri da fissare con largo anticipo, cosa un po’ impensabile per noi Italiani sempre capaci di improvvisare. Se si decide di fare un’esperienza da “expatriate” si è però inevitabilmente aperti ad abbracciare una nuova cultura; le difficoltà ci sono state ma con un po’ di curiosità e flessibilità le abbiamo superate abbastanza facilmente.
Sei negli Stati Uniti da oltre 7 anni. Tornerai mai in Italia? Perché?
Sia cuore che testa mi spingono fortemente a voler tornare. Sono molto legato alle persone ed ai luoghi in cui sono cresciuto. Nostro figlio è ancora piccolo e vorremmo farlo crescere “cittadino del mondo” ma nello stesso tempo dargli delle radici profonde, come è stato per noi. Pensiamo sarà una scelta decisamente più legata alle persone a cui vogliamo bene che a noi stessi. Se mi chiedi dove mi vedo fra 5 o 10 anni mi piacerebbe veramente risponderti: in Italia!
Con che visto sei residente?
Inizialmente avevo un visto L1, dopo circa tre anni ho ottenuto la green card. Il prossimo anno potremmo richiedere la cittadinanza.
Che consigli daresti a chi sta pensando agli Stati Uniti come destinazione?
Se mi chiedi dei consigli per riuscire a trasferirsi negli Stati Uniti ti posso confermare che è estremamente difficile, la politica di immigrazione ha infatti regole rigidissime. La “green card lottery” è una possibilità, abbiamo conosciuto parecchie persone che l’hanno vinta. Investire in un’esperienza di studio post-laurea – un master, in qualsiasi disciplina – è sicuramente un’opzione che mi sento di consigliare; i costi e la preparazione per accedervi sono elevati, ma questo tipo di esperienza ripaga da diversi punti di vista, umano, accademico ed, ovviamente, anche professionale. Infine, per “i più giovani” c’è anche la possibilità di trovare lavori temporanei estivi; agenzie specializzate selezionano per i periodi di alta stagione ed i lavori vanno da impieghi in ristoranti ed hotel a fare il bagnino, ma rimangono un’ottima opportunità per migliorare la lingua, immergersi in una cultura diversa, arricchire il curriculum e magari stabilire qualche contatto che potrebbe essere sempre utile in futuro.
Grazie Nicola e buon proseguimento!
Ahah si! Me ne sono accorto..
Ti consiglio di farlo..! però attento anche alla lingua italiana…se “dipendesse”…
“Nostro figlio è ancora piccolo e vorremmo farlo crescere “cittadino del mondo” ma nello stesso tempo dargli delle radici profonde, come è stato per noi”
Sono perfettamente d’accordo con questa affermazione 🙂
Magari quest’estate il problema è che sono minorenne! Se dipenderebbe da me starei tutti e 3 i mesi estivi lì anche solo per imparare bene la lingua.
Figurati, nessuna figuraccia… però visto che hai la fortuna di avere parenti vai a farti qualchesettimana da loro, non dico che cambierai idea, ma almenote ne fai una concreta. 😉
No non ci sono mai stato LoL! Mi vuoi far fare una figuraccia ripeto è solo il mio parere basato su ciò che mi dicono i miei parenti che sono lì e su ciò che vedo in Tv. Niente di troppo concreto insomma..
Senza essere aggresivo, per curiosità ci sei mai stato e che tipo di esperienza è stata?
Ho fatto un anno come exchange student in Massacchussets, esperienza incredibile ma sono stata contenta di tornare dopo. Il sistema scolastico offre tantissime opportunità (teatro, sport, musica, arte, ecc) tutto nella stessa scuola e senza pagare nulla! Di contro però il livello medio di materie studiate in classe e molto superficiale e ho potuto constatare anche quello universitario, a meno che non si paghi uno sproposito. Quindi se vuoi istruire bene i tuoi figli devi iniziare a mettere via i soldi ancora prima di farli.
Capisco che possano essere formali ma rispettosi della privacy… Comunque io vedo gli USA solo come luogo da visitare, non certo per vivere. È solo il mio parere non assalitemi.